Le erbe spontanee commestibili
di Giancarlo Moretto
Da qualche tempo si assiste ad un fiorire d’iniziative volte a diffondere la conoscenza e l’uso alimentare delle erbe spontanee commestibili. Corsi, conferenze, escursioni guidate, sagre, trasmissioni televisive ed altre manifestazioni hanno per protagonisti questi vegetali. Nei ristoranti alla moda si propongono preparazioni gastronomiche, talvolta oltremodo elaborate e fantasiose, nelle quali viene inserita qualche erba spontanea, uniformandosi così, con tale espediente, al gusto del momento; ecco quindi, silene, luppolo, tarassaco e via dicendo, (molto spesso indicati con nomi fantasiosi) dare al menù quel tocco di “naturale” o “ecologico” che sembra essere così in voga oggi, e pensare che in passato le erbe spontanee sono state il cibo delle persone meno abbienti o in gravi difficoltà. La branca della botanica che si occupa dello studio di questi vegetali spontanei si chiama infatti “fitoalimurgia” ossia cibo per le situazioni di emergenza. Quando guerre, carestie e circostanze di calamità ed eventi estremi impedivano i raccolti, i nostri antenati trovavano nelle erbe spontanee una risorsa che permetteva la loro sopravvivenza.
Più recentemente, fino a qualche decennio fa, queste erbe erano note ed usate in tutte le famiglie contadine. Quando alla fine dell’inverno l’orto di casa non era ancora in grado di produrre a causa delle temperature ancora rigide, i prati già offrivano generosamente le verdure per fresche insalate e saporite minestre. Oltre che una piacevole variante alla dieta consueta, era un’utile integrazione di preziose sostanze quali vitamine e sali minerali, e per di più a costo zero!
Lo spopolamento delle campagne e l’inurbamento verificatosi a partire dagli anni ’50 del secolo scorso hanno interrotto il passaggio di conoscenze relative al riconoscimento e all’uso dei vegetali spontanei che avveniva verbalmente di generazione in generazione e durava da secoli.
Le persone di origine contadina trasferite in città, affascinate dallo stile di vita dei residenti, nel tentativo di uniformarsi, cercavano in tutti i modi di nascondere o dimenticare le loro tradizioni vissute talvolta con un senso d’inferiorità ed imbarazzo; questo ha favorito l’affermazione di consumi ritenuti più evoluti: la margarina, il dado per brodo, il surrogato di cioccolato e così via…
Oggi probabilmente è in atto un tentativo di recuperare le consuetudini perdute ma in un contesto di maggior conspevolezza. L’andar per erbe ai giorni nostri forse risponde anche all’istinto atavico di saper riconoscere e raccogliere con le nostre mani il cibo utile a nutrirci in modo sano. Diversamente dal passato, attualmente può essere l’occasione per piacevoli scampagnate, per preparare qualcosa di diverso dal cibo cucinato in tutta fretta o addirittura acquistato già pronto al supermercato e riscoprire così sapori ormai dimenticati che rischiavano di essere perduti per sempre.
Qualunque sia la motivazione, ben vengano le attività che possono riavvicinare l’uomo alla natura e accrescere l’interesse e forse anche l’amore verso l’ambiente che ci circonda e che necessita di una sempre più consapevole salvaguardia.